Valutazione della Efficacia della Formazione attraverso Metodi Finanziari
A rigor di logica, un investimento in formazione è assimilabile a qualsiasi altro investimento in fattori produttivi.
In pratica, la sua valutazione risulta essere più complessa se attuata con gli stessi criteri adoperati per la valutazione di altri investimenti.
Gli assets intangibili sono infatti per loro stessa natura difficili da quantificare e misurare. Negli ultimi anni però il mondo della formazione ha fornito degli spunti interessanti per ciò che riguarda l’utilizzo di strumenti di analisi propri del campo finanziario nella valutazione dei progetti di sviluppo delle competenze. Un interessante lavoro italiano condotto da Concetta Carnevale e pubblicato nel 2003 riassume i tre livelli di analisi applicabili alla formazione, due di tipo quantitativo, l’analisi costi-ricavi e l’analisi costi-benefici, ed una di tipo qualitativo, l’analisi costi-efficacia.
L’analisi costi-ricavi presuppone la quantificazione dei parametri di costo del progetto formativo, in riferimento a costi diretti, costi indiretti e costi nascosti (come ad esempio il costo da mancato reddito).
Più complessa è la quantificazione dei ricavi, che spesso si manifestano nel lungo periodo, ma che è comunque possibile attribuire alle singole funzioni aziendali coinvolte nel programma.
Il tasso di rendimento dell’investimento, o ROI (return on investment) è il parametro solitamente utilizzato nell’analisi costi-ricavi. Nel caso della formazione, esso può essere considerato in funzione del ROI medio complessivo dell’impresa, secondo la formula:
dove:
Ro è il reddito operativo;
Ifor è l’investimento in formazione;
Ci è il capitale investito.
Applicando questa formula semplificata, si ottiene un valore che spiega solo in parte gli effetti dell’investimento sui ricavi ottenuti, non prendendo in considerazione alcun fattore di imputazione diretta.
L’analisi costi-benefici si propone invece di offrire una valutazione più specifica dei ricavi attribuibili al progetto formativo, attraverso una quantificazione di quei benefici non riscontrabili nei ricavi a bilancio. In fase di valutazione, gli indicatori dei benefici selezionati dovranno essere pesati in base al fattore di rischio, ovvero alla probabilità di successo, e divisi per i costi dell’intervento. La formula proposta è la seguente:
dove:
Pe è la probabilità che la variazione sia verificata;
CTp sono i costi totali del progetto.
L’analisi è applicata soprattutto quando ci si trova in presenza di benefici misurabili legati all’efficienza produttiva o al miglioramento organizzativo. Non viene considerata, in questo caso, la dimensione qualitativa.
Quest’ultima è invece oggetto dell’analisi costi-efficacia, che si propone di valutare quelle variabili cosiddette soft, non quantificabili in indicatori di natura economica e monetaria. Elementi quali l’identificazione con l’azienda, il grado di soddisfazione, la fiducia nella direzione, solo per citare alcuni esempi, hanno certamente la capacità di impattare sulle performance globali dell’organizzazione e dunque sul reddito operativo, ma non è possibile attribuire loro un peso.
Lo strumento di valutazione più comune nell’analisi costi-efficacia è dato dalle liste di controllo, che hanno lo scopo di evidenziare le implicazioni e le ricadute del progetto sulle varie aree funzionali e confrontarle con i parametri obiettivo stabiliti in fase di analisi dei bisogni.