Valutare la Formazione con la Teoria del Capitale Umano
Diverse analisi econometriche hanno tentato di mostrare un collegamento diretto tra gli investimenti in formazione e le performance aziendali, soprattutto in riferimento alla produttività.
La teoria del capitale umano è stata spesso utilizzata come base teorica per analisi sul ritorno e la efficacia della formazione del personale, in quanto afferma che: “sia gli individui sia le imprese godono dei benefici derivanti da un investimento in attività formative”.
In particolare, le imprese potranno contare su un maggiore livello di produttività dovuto alla maggiore efficienza ed efficacia nel lavoro dei propri dipendenti, e questi saranno ricompensati per l’incremento della loro produttività attraverso l’aumento dei salari.
Ciò avverrebbe perché, come sostiene anche la teoria economica neoclassica, l’imprenditore, allo scopo di massimizzare i propri profitti in un mercato ove vi sia libera concorrenza, tenderebbe a remunerare i fattori produttivi secondo la loro produttività marginale. Essendo il lavoro un fattore produttivo a tutti gli effetti, nel lungo periodo si dovrebbe verificare una condizione di uguaglianza tra entrate (incrementi marginali di produttività) e uscite (salari e costi della formazione). Tale condizione è definita “equilibrio multi periodale d’impresa”.
Se si parte da questo assunto, si possono analizzare i salari dei dipendenti che hanno svolto determinate attività di formazione e misurarne l’incremento marginale, comparandolo con quello dei salari dei lavoratori non formati e rapportandolo all’incremento di produttività di cui l’impresa dovrebbe beneficiare.
L’aspetto maggiormente difficoltoso di questa operazione risulta essere l’identificare gli effetti della formazione sugli aumenti dei salari.
Infatti, i lavoratori che vengono coinvolti più frequentemente in attività formative hanno caratteristiche differenti da quelli che non vi partecipano; ad esempio si possono rilevare diversi livelli di istruzione, diversa anzianità occupazionale o diversi settori di appartenenza. Per ovviare a questo problema, è possibile utilizzare alcuni strumenti statistici che aiutano ad isolare gli effetti di una variabile esplicativa (in questo caso la formazione) sulle variazioni di una variabile dipendente (i salari). Più difficile è isolare gli effetti della formazione sui salari quando le caratteristiche che differenziano soggetti partecipanti e non sono di natura non misurabile, come nel caso della motivazione o dell’attitudine personale. Inoltre occorre rilevare anche la varietà di fattori non esterni che generano differenti incrementi salariali.
Caratteristiche della formazione che possono incidere sull’entità della variazione nei salari: In primo luogo si rilevano delle differenze tra progetti finalizzati allo sviluppo di competenze generiche e quelli finalizzati allo sviluppo di competenze specifiche; i primi condurrebbero ad aumenti salariali di maggiore consistenza per via della migliore posizione negoziale del lavoratore formato. Anche tra la formazione off the job e quella on the job vi sono differenze che portano ad un diverso potere negoziale, dato che spesso la formazione off the job comporta il rilascio di attestati o certificazioni spendibili dal lavoratore. Il contenuto delle attività svolte potrebbe generare scarti importanti, dato che le attività legate alle competenze informatiche si riflettono in aumenti mediamente più elevati. Inoltre, si suppone influiscano anche la durata delle iniziative di formazione e la committenza, anche se non sono del tutto chiari i modi in cui questi fattori incidano sui salari.
Un modello valutativo basato sulla teoria del capitale umano è stato proposto dalla World Bank al fine di valutare l’impatto dei programmi educativi sulle condizioni di vita di individui e istituzioni. Il modello in questione prevede la determinazione dei costi diretti e indiretti della formazione, dei salari percepiti dal lavoratore e del valore della produzione a lui imputabile: se quest’ultimo valore genera flussi di cassa netti superiori all’investimento, il modello valuta positivamente l’intervento.
Quanto detto è espresso dalla formula:
in cui:
Ct corrisponde ai costi diretti e indiretti della formazione;
Wat corrisponde alla retribuzione del lavoratore in formazione;
Qat corrisponde al valore della produzione imputabile al lavoratore in formazione;
Wst corrisponde alla retribuzione del lavoratore formato;
Qst corrisponde al valore della produzione imputabile al lavoratore formato;
i è il tasso di attualizzazione;
t è la durata del progetto formativo;
m è la durata del periodo di formazione;
n corrisponde al periodo di permanenza del lavoratore formato all’interno dell’organizzazione.
Il modello ha valore nel momento in cui il salario è supposto equivalente al prodotto marginale meno il costo del turnover del personale.
Sebbene non possa essere messa in discussione la validità empirica della formula, il modello proposto dalla World Bank si caratterizza per una eccessiva complessità delle informazioni necessarie. Inoltre risulta applicabile solo a progetti formativi finalizzati allo sviluppo delle competenze rivolte ad attività specifiche.